About...

Questo blog nasce all’interno del nostro percorso in Psicologia del benessere, una nuova aria che si respira tra i corridoi della Facoltà.

L’idea è far scoprire alle persone le potenzialità che hanno per poter affrontare al meglio le sfide di ogni giorno.

Abbiamo deciso di avventurarci nel mondo dell’empowerment familiare, perché, attraverso le nostre esperienze abbiamo avuto modo di toccare con mano quanto sia importante la famiglia come fonte di supporto e come fattore protettivo, ma anche come questa, in alcune situazioni particolari della vita, possa aver bisogno di un aiuto!

Curiosi di saperne di più? vi aspettiamo qui!! :)

Alice & Maura

sabato 24 dicembre 2016

Il Natale è arrivato anche da Empowerment Familiare!

Auguri!





Il Natale è alle porte e abbiamo pensato di regalarvi un pensiero che profuma di benessere per le feste e l'anno nuovo! 🎄 🎇 🎅


"In conclusione, fratelli, quello che è vero, 
quello che è nobile, quello che è giusto, 
quello che è puro, quello che amabile, quello che è onorato, 
ciò che è virtù e ciò che merita lode, 
questo sia oggetto dei vostri pensieri." 
(San Paolo) 

🎄 🎇 🎅BUON NATALE, 🎄 🎇 🎅
Alice & Maura 



mercoledì 16 novembre 2016

Cinema e dintorni: Inside&Out

Emozioni cercasi... perchè? 



Vi abbiamo parlato di emozioni in famiglia, in particolare di emozioni negli adolescenti e di gestione dicomunicazioni particolarmente emotive... beh, a cinema e dintorni non poteva mancare una piccola riflessione sulle emozioni a partire dal celeberrimo e irresistibile InsideOut, capolavoro Pixar del 2015 che prova a raccontare come la nostra mente si emoziona.

L’idea nasce da una delle teorie base sulle emozioni che teorizza la presenza di alcune emozioni di base presenti in tutte le culture sulla terra che ogni uomo esprime nello stesso modo. Le emozioni che fanno parte di questa categoria sono per l’appunto, gioia, tristezza, paura, disgusto e rabbia. Ognuna di queste emozioni si manifesta sul nostro volto con una espressione ed è accompagnata da un ritmo cardiaco particolare insieme a diversi livelli di sudorazione della pelle. 

Ma queste sono cose che si sanno no?

Inside Out racconta un aspetto delle emozioni orientato al benessere che spesso ci dimentichiamo. Siamo abituati a classificare il mondo in buono e cattivo fino a parlare di emozioni giuste ed emozioni sbagliate... ecco forse il nostro mondo psichico non ama queste divisioni nette e soprattutto riduttive.

La psicologia positiva ci insegna ad assaporare ogni emozione ed ad inserirla in una storia più ampia che possa restituirci un senso. Le emozioni possono diventare un piccolo tesoro a cui attingere nella costruzione della nostra storia. Ogni emozione che viviamo ha qualcosa da raccontarci. Per esempio nel cartoon ci viene sottolineato come la tristezza (per un approfondimento leggete qui)  possa essere solo un piccolo pezzetto delle nostre emozioni, un modo diverso di raccontare e di conseguenza ricordare qualcosa.



Che le favole avessero una grande potere ne eravamo consapevoli...ma delle emozioni lo avreste mai immaginato?


Alice & Maura

sabato 29 ottobre 2016

Quando in famiglia conversare non coincide con comunicare

"Dicono, dicono, dicono parole in circolo"


Le conversazioni assomigliano ai viaggi per mare: ci si stacca da terra
quasi senza accorgersene, per avvedersi poi di aver lasciato riva solo quando si è già molto lontani.
Nicolas de Chamfort, Massime e pensieri, 1795

Così cantava Mengoni in una sua famosa canzone.
Ma queste parole in circolo, che potere hanno veramente? Proviamo a scoprirlo oggi in questo nuovo articolo.
All’interno dei rapporti spesso il modo in cui comunichiamo qualcosa conta più dei contenuti e questo oramai è di dominio comune, ma allora, se ne siamo perfettamente consapevoli, come mai è così difficile avere degli scambi comunicativi funzionali?
Molti conflitti o semplici discussioni all’interno delle nostre famiglie, “degenerano” per via di alcuni meccanismi che possono scattare quando vogliamo comunicare qualcosa ma diciamo qualcos’altro. Ecco perchè in ottica di empowerment familiare è bene conoscerli per evitarli!!!
Proviamo a vedere insieme come.
Esistono alcuni giochi nell’ambito nello scambio delle parole che si ripetono costantemente nel nostro parlare e che sono la base di una “comunicazione uscita bene o meno”!
Comunicare non è solo dire qualcosa, ma nelle parole vi è anche un fare qualcosa, un perseguire le proprie intenzioni; per questo a volte, quando interlocutore e parlante non hanno la medesima base di intenzioni e di condivisione di significati, la conversazione diventa disfunzionale.
Esistono alcune difese transpersonali che vengono messe in atto inconsapevolmente da parte del soggetto all’interno della relazione utilizzando alcuni meccanismi comunicativi basati sulla disconferma, ovvero sulla negazione dell’esistenza dell’altro (Canevelli, 2016), dei suoi autentici stati d’animo e caratteristiche. 
Questo può avvenire in maniera molto diffusa all’interno delle famiglie, soprattutto quando vi è la necessità di difendersi da una realtà che può generare angoscia o paura.


Oltre alle difese transpersonali, possiamo individuare spesso nelle comunicazioni il cosiddetto triangolo drammatico (Karpman 1968). All’interno di questo gioco inconsapevole, gli interlocutori si muovono secondo tre ruoli che possono non essere fissi ma interscambiabili: il salvatore, la vittima e il persecutore. Vediamoli in breve:
  • Il salvatore: è colui che si prodiga nell'aiutare gli altri, ma non solo, spesso arriva a sostituirsi ad essi, in questo modo tende a svalutarne le capacità (agire, pensare, muoversi nel mondo); il salvatore esiste se trova vittime intorno a sé!
  • la vittima: si sente quasi sempre inferiore alle persone che la circondano svalutando la capacità di agire e di stare al mondo. Si muove cercando Persecutori e Salvatori per avere qualcuno che la assecondi nella sua posizione.
  • Il persecutore: è colui che spesso per evitare di sentirsi vittima induce gli altri ad avere questo ruolo; attacca, critica, sminuisce e giudica.
Ma allora, se esistono tutti questi giochi inconsapevoli, come è possibile avere una comunicazione sana e efficiente?
Avevamo già presentato alcuni consigli per poter comunicare meglio in situazioni particolari, ad esempio in caso di conversazioni con persone affette da Alzheimer, oppure in caso di gestione delle emozioni!
Qui potete trovare 5 meccanismi che è bene conoscere ed evitare per non incorrere in conversazioni disfunzionali di tutti i giorni:



A presto!!!
Maura & Alice





Fonti:
Biassoni/ Ciceri, Modulo specialistico con Laboratorio: Tecniche di Analisi della Comunicazione Vocale e delle Interazioni Discorsive
http://www.stateofmind.it/2016/10/meccanismi-comunicativi-disfunzionali/




giovedì 13 ottobre 2016

Contro il bullismo: "be together. not the same"

Stare insieme. Non essere uguali. 





"Carta, forbice, sasso!"

Oggi vogliamo condividere con voi una campagna semplice e immediata contro il bullismo, argomento di cui vi avevamo già parlato

Prendetevi un minuto per guardare questa campagna e qualche secondo per fare anche voi la differenza! 

Buona giornata,

Alice&Maura

sabato 8 ottobre 2016

“Perché anche tu sei importante!”, “Chi io?”

Nella nostra società le emozioni in generale vengono scoraggiate. Benché senza dubbio il pensiero creativo, come ogni altra attività creativa, sia inseparabilmente legato alle emozioni, è diventato un ideale pensare e vivere senza emozioni. 
Essere emotivo è diventato sinonimo di instabile e squilibrato.
E Fromm


Vogliamo parlare oggi di emozioni che spingono e creano relazioni nell’ambito adolescenziale e vogliamo partire con l’affermazione posta come titolo: “Perché anche tu sei importante!”.

“Se l’interno del cuore di un adolescente è come una camera chiusa a chiave, il mio compito è quello di bussare rispettosamente alla porta e aspettare una risposta.“ (N. Luxmoore)

Ai giorni nostri le emozioni sono sempre più nascoste dietro ad emoticon, faccine gialle non sempre facili da interpretare. Ci sono emozioni che è lecito provare ed esprimere, ed altre che spesso ci troviamo a inibire o sopprimere. 
In un’ottica di empowerment e di crescita personale, pensiamo che riconoscerle, etichettarle e dare un valore siano le fondamenta per uno sviluppo sano e consapevole. L’idea che un adulto giustifichi, legittimi le emozioni e i sentimenti provati da un adolescente, sta alla base di una crescita solida e sicura.
Un primo passo verso i ragazzi è quello di capire cosa provano, a cosa tende il loro cuore e cosa cercano di dirci con alcuni comportamenti spinti da emozioni non sempre facili per loro (e forse anche per noi!) da categorizzare.

Winnicott (1965), descrive la capacità di stare da soli come un’acquisizione evolutiva, distinguendo l’essere fisicamente soli, dal sentirsi emotivamente soli.
Quando ci si lascia dal proprio partner o ci si allontana dai propri amici, l’esperienza che si vive è difficile e ancora più difficile risulta a chi non può contare su quel senso internalizzato di relazione, che si costruisce solo quando “io mi sento accettato e accolto per quello che sono”.
Le rotture dei rapporti, qualsiasi essi siano, producono ansia e panico. 
È un abbandono. Un abbandono vero.
Non è un “fidanzatino” che se ne è andato, “l’amichetto del cuore” che si allontana. È parte del mio essere, della mia vita e come tale è degno di attenzione e di rispetto.
Ogni dolore, ogni emozione è degna di rispetto.
La vita turbina, scuote e smuove, tutti. La vita corre carica di stimoli, di confusione, di aspettative, di feste, di rumori. La paura di essere soli o di rimanere soli è una costante nella vita dell’uomo in quanto essere sociale; paura ancora più pervasiva nel ragazzo/ ragazza che sta cercando di scoprire e costruire il proprio posto nel mondo.

Il compito di noi educatori, deigenitori e degli adulti in genere, dovrebbe essere quello di aiutare gli adolescenti a passare attraverso i fallimenti, le tristezze, le delusioni, le gioie, le soddisfazioni, le fasi di transizione del crescere senza uscirne distrutti quando le cose non vanno come ci si aspetta.

Ma come fare? Ecco dei semplici consigli:
  • Non banalizzare quanto viene raccontato: chi ci racconta e ci dona parte del suo pensiero e della sua vita si mette a nudo di fronte a noi, è necessario sempre rispettarlo e valorizzarlo;
  • Ascoltare: l'ascolto attivo è una delle prime forme di attenzione;
  • Leggittimare: a volte è un bene legittimare e giustificare alcune emozioni provate, anche quando queste sono negative come la rabbia;
  • Chiedere "permesso": lasciare la privacy e la scelta di raccontare, esprimere o meno quello che si prova è segno di rispetto, i ragazzi lo apprezzeranno!
  • Essere una Presenza sicura: Esserci è un'altra forma di attenzione, essere il porto sicuro al quale poter tornare sapendo di trovare una base solida anche se autoritaria;
  • Raccontare: sentire dai genitori ed educatori che anche loro hanno vissuto storie, esperienze simili aiuta i ragazzi perchè non li fa sentire soli. Le paure e i dubbi di oggi possono essere molto simili a quelli di "un pò di tempo fa"!


Aiutare gli adolescenti a leggere e comprendere le sfumature del mondo emotivo, così come a distinguere emozioni transitorie da affetti consolidati, significa allenarli a una migliore coscienza del proprio mondo interiore, alla tolleranza emotiva e alla resistenza allo stress (Marmocchi, Dall’Aglio & Zannini, 2004), competenze trasversali, adattive e quindi utili in tutto l’arco di vita.

A presto
Maura & Alice



Fonti
Nick Luxmoore, Adolescenti con il cuore a mille
Marmocchi, Dall’Aglio & Zannini, Educare le Life Skills

venerdì 23 settembre 2016

A scuola per imparare benessere e responsabilità

Come star bene a scuola? La parola va ai ragazzi




Di una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie,
ma la risposta che dà a una tua domanda.
(Italo Calvino)


Che a empowerment familiare l’ordine del giorno sia il benessere in ogni situazione (dalla malattia alla vita quotdiana) ormai è chiaro.
Così oggi, a qualche settimana dall’inizio della scuola (quando abbiamo letto insieme i pensieri del prof 2.0), abbiamo pensato di parlare di star bene a scuola. Eh sì, anche a scuola val la pena di star bene!

La scuola, infatti, viene considerata tra i luoghi di crescita più influenti per lo sviluppo dei ragazzi. Un luogo dove possono crescere intellettualmente, sviluppare il proprio benessere e le proprie competenze relazionali. Eppure solo pochi riescono a vivere realmente questa dimensione. Alcuni si limitano a sopravvivere tirando avanti. Un’altra parte considera la scuola come un posto alienante, spiacevole, privo di attrattiva da cui si vuole solo fuggire il più in fretta possibile. Altri, invece, la abbandonano prima di aver concluso gli studi. 

Nonostante questo gli adolescenti riportano di avere fiducia nella scuola come istituzione ma potremmo dire che hanno perso la fiducia nella dimensione relazionale. Infatti, gli studenti riportano una crescente distanza tra i docenti, i contenuti e le modalità di trasmissione del sapere.

Cruciale nella valutazione della scuola da parte degli studenti è il tema della responsabilità, inserito soprattutto nelle relazioni: ammettono di assumersi la propria responsabilità rispetto agli eventi che li riguardano ma si mostrano altrettanto lucidi nel chiedere agli adulti educatori di rispondere alle dinamiche che li coinvolgono.

Sono sempre i ragazzi a riportare che gli insegnati hanno la tendenza a metterli nell’angolo pensando che la famiglia sia la prima controparte educativa a cui rivolgersi. Così facendo i ragazzi vengono messi in condizione periferica anche rispetto all’apprendimento.

Il suggerimento che arriva dai giovani sembra essere che solo in un clima relazionale la scuola diventa capace di trasmettere sapere ma anche palestra di vita nell’incontro con le differenze dell’altro grazie all’esercizio della responsabilità e del pensiero critico. Sembra che questa sia la domanda che le nuove generazioni ci pongono...

Cosa ne pensate?

Come rispondiamo? Da studenti, da genitori e magari anche da insegnanti! ..siamo curiose di sentire la vostra!

Alla prossima,

Alice & Maura



Fonte

lunedì 12 settembre 2016

Il primo giorno di scuola che vorrei!

"Il viaggio perfetto è circolare. La gioia della partenza, la gioia del ritorno."
(Dino Basili)



http://www.profduepuntozero.it/2011/09/11/il-primo-giorno-di-scuola-che-vorrei/



Stiamo tornando!!!
Restate con noi!


Maura & Alice



lunedì 11 luglio 2016

Empowerment e la scelta di una vita: Felicità o Benessere?

Dottore che sintomi ha la felicità?


"Il concetto di responsabilità poggia su una visione dell'individuo profondamente e intrinsecamente positiva secondo la quale il soggetto è innanzitutto portatore di risorse. Conseguentemente il benessere non si qualifica solo come assenza di patologia ma soprattutto come messa a frutto e piena espressione di tali risorse."
(Balzarotti & Biassoni) 





Rubo questa domanda provocatoria dallo stato di Whatsapp di un amico e da una canzone di Jovanotti e ve la giro: 

Secondo voi che sintomi ha la felicità?

Come siamo quando siamo felici?

Come stiamo quando siamo felici?

I Negrita anni fa hanno provato a rispondere parlando di rumori con "Che rumore fa la felicità?".  Aldo Giovanni e Giacomo insieme a Samuele Bersani si dicevano:“Chiedimi se sono felice”.
Tante le domande, poche le risposte.
C’è anche chi parla di totale assenza di malattia, chi di appagamento, chi di obiettivo da raggiungere nella vita. 

E la psicologia?

Gli psicologi ci dicono che non possiamo essere felici per tutti la vita. 
Ma tranquilli, non è una brutta notizia. 
Felicità o gioia in psicologia sono, infatti, emozioni e per definizione si tratta di uno stato transitorio e momentaneo. E noi non ci accontentiamo di stati transitori e momentanei.

Noi vogliamo stare bene sempre giusto?

Ecco, allora si parla di benessere.
La domanda quindi cambia: “dottore che sintomi ha il benessere?”. 
E forse abbiamo la risposta. 

Gli scienziati hanno scoperto che il nostro cervello è predisposto per provare felicità e farci sperimentare benessere, esiste infatti una sola area che, se lesionata, rende impossibile provare emozioni piacevoli. Ho un’altra bella notizia: si trova in una regione molto profonda ed è praticamente impossibile comprometterla! 

I sintomi del benessere, invece, possono essere così riassunti: 
  • Avere un atteggiamento positivo verso se stessi che parte dall’abilità di esplorare i propri limiti per arrivare a una valutazione positiva della persona che si è. 
  • Avere buoni legami con altre persone caratterizzati da sentimenti di fiducia ed empatia. Tutto questo grazie alla capacità di amare e di prendersi cura dell’altro che ognuno di noi ha. 
  • Essere autonomi, che non significa vivere da soli e non dipendere economicamente da nessuno ma essere capaci di prendere scelte determinanti da soli, sentirsi indipendenti nell’affrontare il mondo e non sentirsi influenzati dall’opinione altrui mentre si prende una decisione. 
  • Essere capace di individuare, scegliere o creare un ambiente adatto alla propria psiche (chiamiamola anche anima se ci va!). A questa capacità si lega anche l’abilità di modificare, trasformare e controllare ambienti complessi con creatività. (tranquilli non si riferisce solo ad addobbare in modo creativo la propria camera!) 
  • Avere uno scopo di vita che dia senso e direzione alla propria vita, supportato da convinzioni e valori profondi. 
  • Percepire un continuo sviluppo del proprio potenziale e avere la tendenza a cercare il confronto con nuove sfide e compiti. 

Non fatevi prendere dalla paura: non è necessario avere tutti questi “sintomi” perché anche solo uno influenza la percezione degli altri!

Il benessere, inoltre, non è una mera condizione o del corpo o della mente è qualcosa che proviamo in un coinvolgimento completo con la nostra corporeità, indipendentemente dal nostro livello di salute. 

Oggi abbiamo fatto il pieno di buone notizie, vi sentite anche voi un  po' rigenerati? 

Voi che sintomi avete?


Alice&Maura 

giovedì 7 luglio 2016

Essere genitori nel 2016, una sfida a colpi di empowerment

"Il sostegno alle famiglie non deve mirare ad una trasmissione di certezze, ma permette una problematizzazione e uno sguardo riflessivo su ciò che si fa e su ciò che si è in grado di fare. non si tratta di dire ai genitori che sono "buoni o cattivi", ma di permettere loro di vedersi agire in quanto genitori e di aggiustare le loro pratiche partendo da un cambiamento che viene da loro stessi e che non è programmato da altri."

Oggi partendo da una provocazione, vogliamo parlarvi di un sogno nel cassetto che riguarda l'empowerment familiare.
La premessa da cui siamo partite è questa: essere genitori non è un'impresa facile, non è mai stato facile, ma è ancora più difficile oggi, in una società ricca di dinamiche sempre più complesse e di stimoli a cui rispondere e da cui difendersi.
Usiamo il termine impresa perché questo è scegliere di diventare genitori:

"Un' azione, iniziativa importante e difficile" 

E' importante che la famiglia in questo percorso che noi chiamiamo impresa, non sia lasciata sola, non solamente durante le fasi iniziali che possono apparire più difficoltose e problematiche agli occhi di tutti, ma anche quando sembra attraversa periodi di equilibrio, stabilità e serenità.
Ogni famiglia ha le proprie caratteristiche, i propri punti di forza e di debolezza e spesso nel nostro blog, abbiamo parlato di come sostenere i primi e di come affrontare e prendere azioni per i secondi.
Il buon funzionamento delle famiglie, dipende sopratutto dalla realizzazione di bisogni profondi dei genitori come coppia e come guida, dei loro progetti, delle loro aspirazioni individuali e comuni, basandosi su una buona qualità della comunicazione, sulla solidarietà e il rispetto reciproco, diventando così fondamentale la capacità di gestire i conflitti in modo pacifico, reciprocamente produttivo e positivo in un'ottica di empowerment.
Se chiediamo aiuto alla letteratura, troviamo tra i tanti articoli, un recente documento: il Compendium of Inspiring Practices on Early Intervention and Prevention in Family and Parenting Support (ottobre 2012), a cura di Eurochild.
Questo documento, presentando alcune prassi significative in merito al sostegno familiare in ambito europeo, ha l'obiettivo di contribuire alla prevenzione in campo familiare garantendo un sostegno alla genitorialità e alla coesione sociale.
In particolare riportiamo:
- "Il sostegno alla famiglia e alla genitorialità è fondamentale per contrastare la povertà infantile e promuovere il benessere dei bambini." Nello specifico, è importante valorizzare la cura, rafforzare i diritti dei bambini ma anche il diritto al benessere di tutti.
- Il sostegno alla famiglia si esplica favorendo un aiuto allo sviluppo delle competenze necessarie per adempiere al meglio le funzioni di genitori, aiutandoli nell'essere consapevoli del proprio ruolo, proponendo approcci tesi al "potenziamento e al consolidamento dei punti di forza e non alla marcatura dei punti di debolezza, né tanto meno alla stigmatizzazione". Questo comporta la creazione di servizi accessibili a tutti.
- "Le politiche familiari, ma anche i servizi e i programmi di supporto ai genitori, dovrebbero consistere in approcci basati sull'evidenza e rispecchiare le migliori pratiche." E' necessario individuare strategie che garantiscano l'efficacia e i migliori risultati nella cura dei bambini.  

Partendo da queste premesse che possono apparire un po' teoriche, andiamo ora a definire quali siano le modalità preferibili da adottare come supporto familiare.
In accordo con quanto presentato nella rivista Italiana di Educazione familiare (2007), dovrebbero essere proposti setting pensati per l’attivazione dei partecipanti cioè di tutti i componenti della famiglia. Ciò significa pensare e progettare momenti di aiuto in cui:
• non vengano presentati modelli predefiniti di «genitori perfetti» cui tendere: è importante sottolineare che ognuno sa essere il genitore migliore per il proprio figlio;
• non vengano giudicate e vengano rispettate le specificità proprie di ogni nucleo familiare e di ogni singolo soggetto che compone la famiglia: ogni famiglia e ogni componente è diverso da un altro, è giusto sottolineare le capacità, le risorse e le specificità di ogni nucleo familiare;
• venga posta molta attenzione a tutte le variabili di contesto: non basta infatti guardare alla famiglia che arriva a chiedere aiuto, ma è necessario allargare lo sguardo a tutta la rete sociale che ruota intorno alla famiglia stessa;
• "gli operatori lavorino per perseguire un clima accettante, di ascolto, non giudicante e improntato alla comunicazione ecologica": non è importante basarsi su grandi teorie e generalizzazioni, ma è necessario ascoltare la voce di chi è di fronte e dei problemi reali che vengono portati a galla;
• "si dia spazio alla «narrazione riflessiva», ossia momenti in cui il racconto, autobiografico o meno, possa attivare processi di analisi critica su temi specifici relativi all'essere genitori", in tal modo verranno aiutati i coniugi a riflettere sul loro ruolo e su come gestiscono alcune particolari dinamiche;
• vengano utilizzati strumenti quali simulazioni, role play, le tecniche di teatro per dare la possibilità a tutti di mettersi in gioco e di provare a mettersi nei panni degli altri.

E voi genitori cosa ne pensate?
Potrebbe essere utile un programma di sostegno che prenda avvio da queste basi?
Prendereste parte nella progettazione di un percorso ad hoc, costruito da genitori per altri genitori?


A presto!
Maura & Alice



Fonti
Lidia Cadei, Ri-conoscere la famiglia, l'attività consultoriale tra intervento e ricerca, 2013
Mariagrazia Contini, Le famiglie oggi: problematicità e prospettive di cambiamento, rivista Italiana di Educazione Familiare, 2006
Alessandra Gigli, Quale pedagogia per le famiglie contemporanee?, rivista Italiana di Educazione Familiare, 2007
Elena Zambianchi, Supporto alla genitorialità: tipologie di intervento e percorsi formativi, Formazione e Insegnamento X, 3, 2012

sabato 25 giugno 2016

Fiabe ed empowerment - La coppia che non tutti si aspettano

Una fiaba al giorno per crescere ogni giorno

Le fiabe non raccontano ai bambini che i draghi esistono. 
I bambini sanno già che i draghi non esistono. 
Le fiabe raccontano ai bambini che i draghi possono essere uccisi.


(Gilbert Keith Chesterton)



Ecco spiegato il motivo per cui Cinema e dintorni è così pieno di fiabe appartenenti all’universo cinematografico. La fiaba, infatti, è per il bambino così come per l'adulto è un luogo sicuro in cui conoscere e sperimentare emozioni molto profonde che all’interno della trama diventano eventi controllabili e gestibili. L’incanto del “C’era una volta” non nasce tanto dalla descrizione di imprese straordinarie, ma dalla capacità che la storia narrata ha di raccontare dilemmi esistenziali. Con un piccolo sforzo di memoria ricorderete che la maggior parte delle fiabe mostra una struttura di base molto simile: l’eroe si allontana da casa, intraprende un viaggio (spesso insieme a persone della sua età), supera degli ostacoli e alla fine trova un partner con cui unirsi nel fantomatico “vissero per sempre felici e contenti”

Perché? 

Le fiabe raccontano i compiti di sviluppo in una forma semplice, tramandabile e facilmente memorizzabile. 

Le fiabe raccontano che è possibile superare le difficoltà del quotidiano, ma anche l’orrido che la vita, a volte, porta con sé. 
Come se non bastasse tutto questo, le fiabe, con la loro totale non curanza delle leggi morali (uccidere nelle fiabe è considerato legale e nessuno si è mai arrabbiato con il protagonista perchè ha ucciso qualcuno) ci aiutano a identificarci nel protagonista buono e virtuoso della saga, facendoci sperimentare benessere. Confessate...chi di voi non ha desiderato almeno una volta essere Harry, Hermione o Ron nella lotta contro Voisapetechi

Perché le fiabe non sono solo per bambini!

Le fiabe piacciono anche agli adulti: basti pensare al mondo delle serie tv, al cinema o ai romanzi. Sempre più spesso la narrazione ci offre storie che rispettando questi criteri: Harry Potter, Pretty Woman, Frozen, Zootropolis, Ribelle, Twilight, le saghe Marvel, Grey's Anatomy, Once upon a time... sono solo alcuni dei tanti titoli che raccontano fiabe anche agli adulti! 

E voi a che fiaba siete affezionati?


Ma che cosa è lo storytelling?


È ed è sempre stato parte della realtà. 

Dedicarsi allo storytelling significa narrare la realtà stessa,
permettere di divenire più consapevoli del proprio agire.

 La narrazione cura le paure.
 I bambini chiedono una favola prima di andare a letto ed entrare nel buio.

(Alessandro Baricco)






Alice & Maura


Fonti

Ciceri, M,R, Mente interattiva. Linguaggi e competenze, Omega, Torino, 2004

domenica 19 giugno 2016

L'umorismo, una strategia indispensabile!

Di quei tali che non ridono mai, stai lontano come dai guai


Chi ha il coraggio di ridere è padrone del mondo.
Giacomo Leopardi 

Perché è così importante ridere? L’umorismo è un dispositivo del benessere. Cosa significa?  E perchè parlarne in un blog di empowerment familiare?
Proviamo a capirlo insieme! 

Innanzi tutto proviamo a partire da cosa sia l’Humor, ben lontano da essere solo una risposta fisiologia, viene definito da Pirandello come “Il sentimento del contrario” e da Eco come “ Il riflettere sulla regola violata”. Con umorismo si intende quindi la capacità di rilevare il ridicolo delle cose, di esprimere e di rappresentare gli aspetti incongruenti e divertenti della situazione. Lo humor può essere d’aiuto anche per incanalare l’aggressività o quelle tendenze ostili che altrimenti sarebbe difficile sfogare in modo accettabile nella società. 
L’umorismo ha il compito di destrutturare il campo in cui avvengono le attività, con lo scopo di liberare dai legami. 
Quest’ultimo aspetto sottolinea anche la funzione sociale e aggregante della comicità: le risate possono favorire ulteriormente i rapporti, sciogliendo le eventuali tensioni, diminuendo l'ostilità, accentuando la complicità e il senso di condivisione. 
L’aspetto della condivisione è fondamentale quando si parla di comicità, infatti si tende a ridere perlopiù insieme agli altri - amici, parenti, familiari, o colleghi che siano - di eventi e situazioni che spesso non hanno una connotazione umoristica in sé, ma la assumono per le circostanze stesse di condivisione in cui si verificano. Dunque tali eventi e situazioni diventano divertenti per i membri del gruppo in questione, diminuendo le distanze. 

Le funzioni principali dell’umorismo variano dal “salvarsi la faccia”, al comunicare alcune norme sociali, a tecnica per gestire il discorso, fino a provocare oppure ingraziarsi gli altri o aumentare la coesione del gruppo. 
Parlando di humor, si distinguono in letteratura 4 stili principali, che giocano ruoli molto importanti nella gestione delle relazioni sociali: 
  • Affiliative humor: Si ride con gli altri; lo humor viene utilizzato per favorire i rapporti interpersonali, per mettere gli altri a proprio agio e consiste nel non prendersi troppo sul serio. 
  • Sel enhancing humor: viene utilizzato per far fronte alle emozioni negative, corrisponde alla tendenza a mantenere una visione umoristica dell’esistenza 
  • Self defeating humor: ha lo scopo di divertire gli altri a proprie spese 
  • Aggressive humor: è lo humor auto-celebrativo, provocatorio che ha lo scopo di ridicolizzare gli altri. 

Alcuni studi hanno evidenziato alcune differenze di genere rispetto all’umorismo e, se tenuti in considerazione, questi dettagli possono fare la differenza nella percezione e comprensione dei legami di coppia. Le donne preferirebbero situazioni in cui la comicità è basata su ambiguità, sul nonsense, giochi di parole, autoironia, eventi della quotidianità. Inoltre utilizzerebbero lo humor in situazioni di intimità. Gli uomini invece, oltre a preferire il “far ridere” rispetto alle donne, prediligerebbero maggiormente satira sportiva, humor sessuale e aggressivo e producono humor per attrarre il partner. Inoltre gli uomini con senso dello humor sono considerati più attraenti da parte delle donne che preferiscono un partner che le faccia ridere. 

Lo stile di humor utilizzato nella coppia inoltre è indice di soddisfazione o meno nella relazione, in particolare l'affiliative humor è legato ad una maggior capacità di risolvere le situazioni conflittuali diminuendo lo stress e aumentando la complicità, l’aggressive humor è legato ad una minore vicinanza affettiva e ad una difficoltà maggiore nel risolvere i problemi. 

Una buona dose di umorismo può quindi essere d'aiuto nel gestire le relazioni che viviamo, ma non solo, utilizzato nel modo corretto questo può aiutare ad aumentare il benessere nelle situazioni, anche negative e stressanti, che ci troviamo a vivere.
L'umorismo è una strategia di coping contro lo stress alla portata di tutti, ognuno può farne uso per fronteggiare quelle situazioni stressanti di cui parlavamo nei post precedenti, situazioni personali e familiari dove occorre rivalutare la situazione o "mordersi la lingua" per evitare esiti catastrofici!!

Per concludere, molti si sono occupati di umorismo, noi vogliamo lasciarvi con queste citazioni:
Jovanotti ci suggerisce "A volte penso che: nel momento in cui uno ride, quello sia veramente un momento in cui si aprono le porte della percezione e l'Eternità entra in noi."

“L’uomo ridendo si libera da inibizioni e rimozioni, mette temporaneamente a tacere l’istanza della censura, offre una valvola di sfogo all’aggressività”. 
Freud
“Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio” (1905). 


"Le ultime ricerche dimostrano che la risata aumenta la secrezione di catecolamine ed endorfine, il che a sua volta aumenta l'ossigenazione del sangue, rilassa le arterie, accelera il cuore, abbassa la pressione sanguigna con effetti positivi sulle malattie respiratorie e cardiovascolari. E in più aumenta la risposta del sistema immunitario."
Patch Adams 




A presto
Maura & Alice

Fonti
Lezioni di Psicologia per il Benessere soggettivo e interpersonale, Maria Rita Ciceri, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

domenica 5 giugno 2016

Cinema e dintorni: Captain America – Civil War. Giusto? Dipende!

Tu da che parte stai? 



Oggi a cinema e dintorni parliamo di supereroi e... di giusto e sbagliato, quindi di giudizio morale. Lo spunto ce lo offe il nuovo film Marvel, Captain America Civil war: nel film, infatti, per la prima volta non si scontrano solo bravi e cattivi ma anche i bravi!

Senza fare spoiler, Civil War mette chiaramente in luce che definire “giusto o sbagliato” a volte è solo questione di punti vista. Infatti il giudizio morale è legato ai valori, il cui insieme diventa la guida per il nostro comportamento. 



Il capitano Rogers e Tony Stark mettono in luce che si può classificare “giusta” un’azione che: 

· Massimizza i benefici per sé e per gli altri e che spinge quindi a mettere in atto un comportamento utile (Tony);

· È messa in atto perché segue alcuni principi che sono slegati dal contesto d’azione e che possono essere considerati più o meno immutabili (Capitano).

Ma come si arriva a questo? 

Fino a circa 10 anni i bambini identificano il bene e il male in base alle conseguenze che un’azione procura a loro stessi. In questo periodo per il bambino è più facile osservare le regole percepisce un vantaggio immediato e concreto per sé.
Con la preadolescenza e la tarda adolescenza le nozioni di giusto e sbagliato prendono in considerazione i rapporti interpersonali e i valori sociali. Per i ragazzi diventa importante vivere in conformità con le aspettative della propria cerchia sociale e ottenere l’approvazione da parte degli altri. Solo crescendo si affina la capacità di differenziare il proprio di vista da quello del gruppo, fino al raggiungimento dell’età adulta quando emergono valori basati anche su principi astratti e più etici. A questo punto si acquisisce la consapevolezza che le leggi e le regole sono relative e che possono essere validi solo se basati su principi universali e valori etici. 

Partire dallo spunto dei film per riflettere in famiglia su cosa significhi giusto per ogni componente può diventare un’occasione di scambio ma, soprattutto, con i più piccoli può diventare l’occasione per introdurre il concetto di trasgressione da estendere magari a situazioni in cui la moralità gioca un ruolo chiave come il bullismo o l’abuso di sostanze. 


Buona visione, 



Alice & Maura


Se avete ancora voglia di supereroi.. passate da qui!



Fonti

Camaioni, L., & Di Blasio, P. (2002). Psicologia dello sviluppo. Il mulino.

giovedì 26 maggio 2016

Aiuto...Lo stress!!!!

E tu come affronti le situazioni stressanti?


Oggi, nel mezzo della sessione estiva d’esami, vogliamo parlarvi di stress e di coping!
Direte, cosa c’entra tutto questo in un blog di empowerment? 
Beh pensate che, il modo in cui gestiamo le situazioni stressanti, qualsiasi esperienza stressante, può aiutarci a potenziare il nostro benessere e ad aumentare le nostre risorse.
Lo stress in psicologia, viene definito come uno stato di attivazione e di tensione fisico-psicologica che si verifica in seguito ad un avvenimento. Allo stress segue il coping, cioè la capacità di far fronte a queste situazioni e include l’esame e la valutazione che ognuno di noi fa, riguardo le capacità di affrontarle.
Lo stress non va sempre condannato però! In realtà questa attivazione ci aiuta a superare le sfide che ogni giorno siamo costretti ad affrontare, è una sorta di carica di energia che comporta come azione il riflettere su come fronteggiare ciò che ci succede e ci aiuta ad adattarci.
Ma allora…perché tutti cerchiamo a sfuggire allo stress?
Esistono in realtà due tipologie di stress:
  • da una parte l’eustress, definito come stress positivo, quella carica che ci aiuta nella vita quotidiana;
  • dall’altra il distress, quello dal quale scappiamo… (o per lo meno cerchiamo di farlo!). Questo è lo stress negativo, che a lungo andare, porta a conseguenze pesanti per l’individuo. Troppo stress può implicare infatti costi per la salute fisica e psichica!!!

È fondamentale quindi, una volta definito lo stress come un modo di reagire dell’organismo, trovare il modo giusto e più adattivo per ognuno di noi, di gestirlo: questo processo viene definito come SRP= Stress Reaction Process, processo di reazione allo stress.
Questo processo è caratterizzato da una continua interazione tra lo stressore (l’evento che causa stress) e la valutazione cognitiva ed emotiva che ha lo scopo di capire se effettivamente la situazione è affrontabile o minacciosa.
Ma come fare per contrastare le esperienze negative e aumentare le strategie di coping diminuendo così lo stress negativo? Noi vi diamo qualche suggerimento:
  • Fai attività sportiva: questo oltre a migliorare la salute fisica generale, fornisce una sensazione di controllo sul proprio corpo e un sentimento di realizzazione personale che favorisce il benessere;
  •  Preparati all’evento stressante: questo è definito coping proattivo. Si tratta di prepararsi allo stress ad esempio programmando lo studio in vista di un esame. Questo aiuta a ridurre le conseguenze.
  • Ripensa all’evento stressante e rielaboralo, questo può aiutarti a notare errori di valutazione... ma attento, troppa ruminazione può avere un effetto opposto!
  • Modifica la tua valutazione della situazione: mentre vivi una situazione stressante tutto sembra catastrofico, provare a cambiare il proprio atteggiamento nei confronti dell’evento può aiutarti a guardare tutto con una nuova luce e magari trovare nuove mete o obiettivi;
  • Non aver paura a chiedere aiuto: il supporto sociale e la condivisione del problema può aiutarti a trovare una soluzione più efficacie!!!

Fonti:
Robert S. Feldman, Guido Amoretti, Maria Rita Ciceri, Psicologia generale (2013), McGraw Hill Education

venerdì 8 aprile 2016

Mamme lavoratrici: supereroi del quotidiano...ma come? Tutta questione di empowerment!

Mamme al lavoro senza stress: un mo(n)do possibile 


Pensa a quello che puoi fare con quello che hai. 
(Hernest Hemigway) 


Quando si pensa alle mamme, spesso si dice: "Come fa a fare tutto?"
Questa domanda diventa importantissima soprattutto quando ci si rivolge a una mamma lavoratrice. Perchè se essere mamma è una sfida, lavorare ed essere mamma è una sfida ancora più grande!

E come ogni lavoratore anche le mamme (di mamme vi abbiamo parlato anche quisono categorie a rischio stress e burnout.

Ma che cosa è il burnout?

Con burnout ci si riferisce a una condizione di malessere lavorativo che ha ripercussioni sulla salute dei lavoratori e il loro avanzamento di carriera e che impatta anche sulla produttività organizzativa e fa riferimento all’esposizione continua a una fonte di stress considerata incontrollabile. 

Questa condizione di malessere si manifesta con un sentimento generale di debolezza, propensione alla malattia, suscettibilità emotiva ed esaurimento delle forze fisiche. Tipicamente le persone affette da burnout riportano sensazioni di svuotamento delle forze al punto da pensare di non avere più nulla da offrire, atteggiamenti negativi, distacco, cinismo e ostilità sopratutto nei confronti dei colleghi; completano questi sentimenti negativi la percezione di inadeguatezza al professione, bassa autostima e attenuazione del desiderio di successo. A conferma di ciò in italiano il termine può essere tradotto con le espressioni: esaurito, bruciato e scoppiato. 

Si è visto come le mamme lavoratrici siano una popolazione a rischio di burnout dal momento che tipicamente si trovano a dover rispondere a un carico di richieste di tempo e di energia che altre categorie di lavoratori, a casa non sostengono. 

È quindi essenziale, per prevenire questo fenomeno oltre a ciò che la normativa italiana già prevede, avere dei piccoli accorgimenti nei confronti delle mamme. Come inserirle in un contesto sociale e lavorativo in grado di supportarle: questo può essere tradotto in supporto da parte dei capi, in un aiuto da parte dei familiari nella gestione dei figli e degli impegni domestici. Questi sono piccoli accorgimenti che permettono di favorire le opportunità di sviluppo professionale ma soprattutto un senso di appagamento nelle mamme lavoratrici che in questo modo saranno in grado di mettere in gioco nuove risorse e prevenire il burnout. Ci si può “vaccinare” dal burnout con un lavoro di empowerment sulle risorse personali e sociali che circondano le mamme, infatti, più risorse si hanno, meno possibilità si ha di esaurirle! 

Vi sentite a un passo dal burnout? Armatevi di carta e penna e fate un elenco delle vostre risorse personali, sociali, lavorative ed economiche: ecco un primo passo per la prevenzione!


Alice & Maura 


 Fonti
Robinson L.D. et al, (2016),"Burnout and the work-family interface", Career Development International, Vol. 21 Iss 1 pp. 31 - 44

sabato 2 aprile 2016

L'Empowerment familiare e l'autismo con #sfidAutismo: 10 cose che ogni bambino con autismo vorrebbe che tu sapessi

Primo passo per sconfiggere? Eliminare il pregiudizio!



Lei ha dimestichezza con la parola "autismo"?



Con questa provocazione oggi ci fermiamo a riflettere sulla Giornata di sensibilizzazione per l'autismo. Vi abbiamo raccontato la storia di Franco e Andrea oggi vi raccontiamo di Ellen e di come la sua vita è cambiata quando si è sentita chiedere: "lei ha dimestichezza con la parola autismo"?

Ellen Notbhom è una mamma che racconta con la voce di suo figlio 10 Cose che un bambino autistico vorrebbe che tu sapessi, un articolo e poi un libro con un successo strepitoso che l'autrice commenta così: 

Decisi che il motivo del suo successo era che parlava con la voce di un bambino: una voce che generalmente non viene ascoltata in mezzo al frastuono sempre più caotico di chi parla di autismo. 

La sfida di Ellen è, infatti, combattere i pregiudizi che si formano intorno all'autismo, spesso fomentati dalle parole che si usano per definire questa condizione, tuttavia proprio le parole che usiamo quotidianamente impediscono lo sviluppo di una prospettiva sana nei confronti dell'autismo di un bambino.

Lo sappiamo bene quanto i pregiudizi influenzino il nostro modo di pensare e di conseguenza di guardare il mondo e di comportarci. Forse è il caso di iniziare a superarli, soprattutto quando nascono intorno a etichette.

Una persona non è mai la sua diagnosi.

MAI.

C'è sempre altro e val la pena di cercarlo.

Il primo passo di Ellen verso una prospettiva sana e senza stereotipi è il suo "decalogo"che ogni adulto e ogni figura educativa dovrebbe tenere bene a mente SEMPRE
  1. Io sono un bambino 
  2. I miei sensi non si sincronizzano
  3. Distingui fra ciò che non voglio fare e ciò che non posso fare
  4. Interpreto il linguaggio letteralmente
  5. Fai attenzione ai modi in cui cerco di comunicare 
  6. Fammi vedere! Io ho un pensiero visivo
  7. Concentrati su ciò che posso fare e non su ciò che non posso fare
  8. Aiutami nelle situazioni sociali
  9. Identifica che cosa innesca le mie crisi 
  10. AMAMI INCONDIZIONATAMENTE 
e il vostro primo passo?

Alice & Maura

Altri spunti di riflessione sul tema:
L'empowerment familiare e l'autismo


Fonti 
Notbhom E., 10 cose che ogni bambino con autismo vorrebbe che tu sapessi  



mercoledì 30 marzo 2016

Cinema e dintorni: Il Lato Positivo. Una storia di empowerment familiare e disturbo bipolare

Come vive una persona bipolare, e come possono aiutarla i familiari?

Oggi, 30 Marzo, è la giornata mondiale del disturbo bipolare, ecco che vogliamo proporvi per la nostra rubrica Cinema e dintorni, una visione sorprendente: Il Lato Positivo


"Il mondo ti spezza il cuore in ogni modo immaginabile, questo è garantito. 
Io non so come fare a spiegare questa cosa, né la pazzia che è dentro di me e dentro gli altri, ma indovinate un po'? Domenica è di nuovo il mio giorno preferito! Penso a tutto quello che gli altri hanno fatto per me e mi sento tipo... Uno molto fortunato!"


Il Lato Positivo è un film che ti lascia dentro un turbinio di emozioni, dalla rabbia alla nostalgia, dal dolore alla tenerezza e..non per ultimo..l'amore.
E' un film che la prima volta che l'ho visto, mi ha lasciato senza fiato, poichè mostra, in tutta la sua crudezza, le difficoltà di vivere con un figlio bipolare, ma sopratutto le difficoltà di essere affetti da un disturbo bipolare; un disturbo che può condizionare il tuo vivere, le tue relazioni, ma Pat Solitano riesce a differenziarsi dalla malattia che lo affligge, lui non è la sua malattia.
Pat torna a casa dopo un periodo di degenza in un ospedale Psichiatrico, a causa del bipolarismo emerso dopo aver sorpreso il tradimento della moglie. La rabbia si impossessa di lui, non è più un semplice passaggio momentaneo, in seguito ad un evento specifico, ma diventa parte stessa della sua personalità.
L'alternanza dell'attivazione psichica di Pat è molto forte e violenta, anche aggressiva, e si nota tutte le volte che il protagonista pensa al suo matrimonio passato e sopratutto, quando sente una canzone, che lo lega a ricordi con la sua ex moglie.
La ripresa non è facile, anzi..tutt'altro.
Ma a Pat non mancano resilienza, empowerment e buone relazioni sociali. Tutto sembra iniziare a cambiare e ad assumere un senso diverso, quando avviene l'incontro/ scontro con Tiffany, una ragazza anch'essa affetta da problemi psichiatrici, con una sessualità definita promiscua, tanto da aver costretto i suoi colleghi ad allontanarla dall'ufficio.

E così pian piano Pat, impara altri modi per sfogare la propria rabbia e per gestire i propri sbalzi d'umore, inizia a correre, e grazie alle vicende che si intrecciano con Tiffany, impara a ballare.
Solo dopo questo lungo percorso, il protagonista riesce a riprendersi in mano la vita, a percorrere la sua strada e a credere ancora nei legami, quelli veri.
Quello che ci aiuta a comprendere questo film, è che il rapporto con la nostra personalità, che scopriamo e accettiamo pian piano, non è sempre facile, sopratutto quando ad emergere, non sono comportamenti positivi ma negativi; quando per venirne fuori, l'essere da soli davanti al problema, non basta.

Il disturbo bipolare, in realtà, si inserisce in uno spettro di sintomi che il DSM V, (Manuale disgnostico e statistico dei disturbi mentali), si distinguono poi principalmente in disturbo bipolare 1, disturbo bipolare 2.
Questo tipo di disturbo, è caratterizzato da un'alternanza di periodi di eccitamento (mania), e periodi di inibizione dell'attività psichica.
La disregolazione porta inevitabilmente anche ad un'alternanza nell'equilibrio dell'umore, alterazioni del contenuto dei pensieri e della motricità, difficoltà nel mantenere il ritmo sonno-veglia, con anomalia anche a livello della libido e dell'appetito.
Si può capire anche intuitivamente, come vivere con un familiare con problemi psichiatrici di questo tipo, non sia facile, sopratutto quando le emozioni e i comportamenti subiscono dei cambi repentini e sono quindi poco controllabili e prevedibili. E' difficile, ma non impossibile.. e questo film ce lo dimostra in una maniera semplice e reale.

Ciò che fa sorridere nel film, è che siano proprio due persone con difficoltà psichiche, ad aiutarsi talmente tanto, da riuscire ad uscirne vincitori, laddove familiari e medici hanno "fallito" nel loro intento.


"L'unico modo per sconfiggere la mia pazzia era facendo qualcosa di ancora più pazzo. Grazie. Ti amo. L'ho capito dal momento in cui ti ho visto. 
Mi dispiace mi ci sia voluto così tanto tempo per recuperare!"


Buona Visione!
Maura & Alice

venerdì 25 marzo 2016

Cinema e dintorni: Zootropolis, resilienza e voglia di farcela!

Zootropolis, a scuola di "Non mi arrendo"!


“Zootropolis è il luogo dove i nostri antenati hanno scelto di vivere in pace e dove ognuno può essere ciò che vuole.”

Zootropolis è il nuovo successo targato Disney diretto da Byron Howard e Rich Moore, nelle sale cinematografiche da circa un mese, che vi proponiamo oggi a Cinema e dintorni.
Il cartone racconta le vicende di Judy, una coniglietta di provincia che vuole diventare agente di polizia. Il suo sogno può realizzarsi a Zootropolis la città in cui ognuno può essere ciò che vuole e i mammiferi vivono in sintonia tra loro. Tuttavia non è facile essere una coniglietta poliziotto, circondata da prestanti mammiferi giganteschi e dimostrare a sé e agli altri di essere all’altezza del compito e della divisa.

“I won’t give up, no I won’t give in
Till I reach the end
And then I’ll start again
Though I’m on the lead
I wanna try everything
I wanna try even though I could fail
I won’t give up, no I won’t give in
Till I reach the end
And then I’ll start again
No I won’t leave
I wanna try everything
I wanna try even though I could fail”


Judy riesce a distinguersi durante l’addestramento e con orgoglio a essere ammessa alla caserma della centrale. È qui che inizierà la sua vera sfida: dimostrare a tutti i grandi e possenti animali che la circondano che anche lei può farcela... perchè a Zootropolis ognuno può essere ciò che vuole.

La trama e la canzone dovrebbero riportarvi un concetto molto caro al nostro blog: la resilienza. Judy è una coniglietta coraggiosa e resiliente... oltre che impegnata nella lotta contro il bullismo. Si impegna a fondo e davanti alle situazioni più difficili o alle sconfitte personali mette in atto strategie di rivalutazione positiva di ciò che le è accuduto, cercando un modo per migliorare sempre. Si concentra tanto sul presente, quanto sul futuro e prova a rileggere in modo positivo la sua vita. Diventando così anche modello di cambiamento per altri un po' "più scoraggiati".

Prendiamo esempio da Judy sopratutto in questi giorni di difficoltà per il mondo.

A me è sembrato che questo film porti con sè un messaggio di speranza da condividere a gran voce: una città gigantesca in cui tante specie animali diverse, prede e predatori, erbivori e carnivori, vivono in sintonia, dando la possibilità a tutti di realizzare i propri sogni... ed essere felici! Tiriamoci su le maniche e diamo vita a questa città anche al di fuori del mondo cinematografico.

“Hai ragione solo su una cosa: io non mollo mai!”

Buona visione!

Alice