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Questo blog nasce all’interno del nostro percorso in Psicologia del benessere, una nuova aria che si respira tra i corridoi della Facoltà.

L’idea è far scoprire alle persone le potenzialità che hanno per poter affrontare al meglio le sfide di ogni giorno.

Abbiamo deciso di avventurarci nel mondo dell’empowerment familiare, perché, attraverso le nostre esperienze abbiamo avuto modo di toccare con mano quanto sia importante la famiglia come fonte di supporto e come fattore protettivo, ma anche come questa, in alcune situazioni particolari della vita, possa aver bisogno di un aiuto!

Curiosi di saperne di più? vi aspettiamo qui!! :)

Alice & Maura

domenica 13 marzo 2016

ADHD, una base teorica per capirne di più

Cosa si intende, come si manifesta, quali strategie adottare...

"E per il resto della tua vita, tu dirai: “Si, quello era il luogo dove avevo progettato di andare. È ciò che avevo programmato”. E la pena di tutto ciò non se ne andrà mai, mai, mai, mai…perché la perdita dei propri sogni è una perdita molto significativa. Ma… se passerai la vita a piangerti addosso per il fatto che non sei andato in Italia, non sarai mai libero di godere delle cose molto, molto speciali e molto amabili… dell’Olanda."

Emily Per Kingsley, Germania 25 marzo 2002, 


Questa settimana ci addenteremo insieme, in un campo specifico, quello dell'ADHD, Deficit di Attenzione e Iperattività.

Prima di presentarvi, nei prossimi giorni, un’esperienza particolare di Campus per i bambini con ADHD e le loro famiglie, cerchiamo di capirne qualcosa in più, provando ad entrare nel contesto di questo deficit, insieme alla Dott.ssa Chiara Valenti, esperta dell’area Formazione dello SPAEE, Servizio di Psicologia dell’apprendimento e dell’educazione in età evolutiva, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Cosa si intende con la dicitura ADHD?
L’ADHD è l’acronimo dell’inglese Attention Deficit Hyperactivity Disorder (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività). Si tratta di un disturbo dello sviluppo neuropsichico che si manifesta nell’infanzia ed è caratterizzato, appunto, da inattenzione e impulsività/iperattività. I bambini che presentano l’ADHD non sono in grado di regolare il proprio comportamento in funzione del trascorrere del tempo, degli obiettivi da raggiungere e delle richieste dell’ambiente.
La disattenzione può essere definita come un’evidente difficoltà a stare attenti e a lavorare su un compito per un tempo adeguatamente prolungato. Nei bambini queste difficoltà si manifestano a scuola, nel gioco e nelle situazioni sociali. Nei contesti ludici spesso passano da un gioco ad un altro, senza portarne a termine nemmeno uno. 
A scuola compaiono molti errori di distrazione e i lavori sono incompleti e disordinati, soprattutto quando i compiti non sono attraenti e motivanti.
L’iperattività consiste in un eccessivo livello di attività motoria e vocale. Si manifesta come una continua agitazione e come incapacità a rimanere fermi e seduti.
Infine l’impulsività consiste nella difficoltà ad aspettare a dare una risposta, a inibire un comportamento non adatto al contesto nel quale ci si trova, ad attendere una gratificazione. Si manifesta con una grande impazienza, ma anche con la tendenza a mettere in atto azioni pericolose senza considerare le possibili conseguenze negative. 

Secondo i criteri del Manuale Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM) esistono tre sottotipi di ADHD: 
- ADHD Tipo combinato: i sintomi di inattenzione e iperattività/impulsività sono presenti nella stessa misura;
- ADHD Tipo con Disattenzione Predominante: i sintomi di inattenzione sono maggiori di quelli di iperattività/impulsività;
- ADHD Tipo con Iperattività-Impulsività Predominanti: i sintomi di iperattività/impulsività sono maggiori di quelli di inattenzione.

A quale età è possibile avere una diagnosi?
Prima di tutto, è importante ricordare che la diagnosi deve basarsi sulla classificazione del DSM per una valutazione accurata del bambino, condotta da operatori con specifiche competenze sulla diagnosi e sulla terapia dell’ADHD.
Tale valutazione deve sempre coinvolgere diverse figure: oltre al bambino, i suoi genitori e gli insegnanti. Occorre raccogliere, da diverse fonti, informazioni sul comportamento e sulla compromissione funzionale del bambino e devono sempre essere considerati sia i fattori culturali che l’ambiente di vita. A tal fine si utilizzano strumenti quali questionari (es. SDAI, SDAG, Scale Conners, SCOD e altri) e interviste diagnostiche, opportunamente standardizzati e validati. 
ll deficit attentivo può essere presente già in età prescolare. A quest’età è però molto difficile formulare una diagnosi differenziale con altri disturbi e definire con certezza il livello di compromissione del funzionamento globale. In questi casi si ricorre, in genere, a una diagnosi provvisoria che andrà aggiornata negli anni successivi.
Tipicamente il disturbo si manifesta però all’ingresso della Scuola Primaria (attorno ai 6-7 anni), quando le richieste provenienti da un contesto maggiormente strutturato rispetto alla Scuola dell’Infanzia fanno emergere in maniera evidente i sintomi associati al disturbo.


Come aiutare i genitori a capirne i primi sintomi?

Segnali significativi sono i seguenti:
- un’eccessiva vivacità rispetto ai coetanei;
- difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti e sulle attività di gioco;
- evidente sbadataggine e disorganizzazione, con la tendenza a perdere ogni cosa;
- lamentele da parte delle insegnanti per un’eccessiva irrequietezza, per l’incapacità di stare seduto al proprio posto e di aspettare il proprio turno per rispondere;
- aggressività nei confronti dei compagni e/o dei genitori e delle maestre;
- una tendenza ad essere sempre in movimento, come “guidato da un motorino”;
- sembra non ascoltare quando gli altri parlano, ha la testa fra le nuvole.

Se alcuni di questi sintomi si sono manifestati nel proprio bambino prima dei 7 anni di età e per un periodo superiore ai 6 mesi, è opportuno intraprendere una valutazione psicodiagnostica per l’ADHD.
Come precedentemente ricordato, per fare la diagnosi occorre una valutazione globale del bambino che dovrebbe includere un assessment clinico del funzionamento scolastico, sociale ed emotivo-affettivo e delle competenze sviluppate. 

È possibile insegnare ai bambini delle strategie per compensare questo deficit e per renderli più consapevoli delle proprie difficoltà?
Anche se non è semplice, è sicuramente possibile insegnare ai bambini delle strategie per compensare il deficit.
Cordula Neuhaus, psicopedagogista e terapeuta comportamentale che da anni si occupa di ADHD, ha definito alcune regole ferree che possono aiutare a gestire il comportamento di un bambino con tale Disturbo, tra queste ricordo: 
Richiedere un comportamento con tono pacato, gentile, ma fermo (es. “Mario, per favore svolgi il compito che ti è stato assegnato, fra 30 minuti te lo controllo”). 
Elencare in anticipo quali sono le attività da svolgere, preparando possibilmente una lista scritta, ancora meglio se corredata da immagini, delle attività della giornata. 
Non dare spazio a discussioni o a rifiuti verbali. 
In una critica o nella discussione di un problema restare assolutamente aderenti a quella situazione, non estendere ad altri comportamenti problematici che riguardano il bambino/ragazzo. Esempio: “Giovannino, riordina la tua scrivania, non c’è più spazio”. Non: “Sei sempre svogliato, la tua camera è un disastro, dimentichi sempre di mettere i materiali nella cartella, a scuola non ti impegni, a casa non aiuti”. 
I bambini con ADHD sono particolarmente sensibili alla mimica facciale, ai gesti e al tono della voce; se ci si accorge che la tensione sta salendo, occorre abbassare lo sguardo e la voce, per evitare che il bambino si ponga in atteggiamento di difesa o di contrasto. 
Per la correzione dei comportamenti inadeguati, utilizzare spesso il contatto corporeo (ad esempio toccare una spalla), invece della voce. 
Quando occorre un richiamo verbale, non utilizzare etichette, come “Sei il solito maleducato”. Un breve “Ehi!” o un “Basta!” sono segnali sufficienti.

Altre strategie utili per il bambino sono:
· modificare l’ambiente per evitare il verificarsi dei comportamenti problema: un setting organizzato e strutturato, quindi prevedibile, permette una maggiore regolazione del comportamento;
· fissare routine e scadenze prestabilite, per agevolare la pianificazione, in quanto il tempo diventa maggiormente strutturato e prevedibile;
· dare delle regole: devono essere poche, brevi, condivise, espresse in positivo, sempre ben visibili, meglio se supportate da immagini;
· costruire, insieme al bambino, un contratto educativo: consiste nel registrare le azioni che si impegna a compiere in contesti e momenti chiari e le gratificazioni cui può avere accesso se rispetta quanto riportato nel contratto (es. Luca firma un contratto in cui si impegna a parlare solo quanto chiamato dalla maestra e ad alzarsi dal banco soltanto due volte in una mattinata. Se rispetta quanto sottoscritto potrà scegliere fra alcuni premi, ad esempio: fare un disegno durante gli ultimi 15 minuti della lezione di matematica, fare una corsa in corridoio prima di incominciare la lezione di italiano). 

Gli obiettivi possono essere incrementati o diminuiti, per evitare di frustrare il bambino;
· aiutarli ad utilizzare le loro risorse positive;
· rinforzare i comportamenti adeguati con gratificazioni verbali (“bravo, mi fa molto piacere quello che dici, mi piace quello che stai facendo”) o premi materiali;
· far uso della Token Economy: il bambino guadagna uno smile per ogni attività svolta adeguatamente. Gli smiles ricevuti vengono trasformati in una ricompensa materiale: ad esempio, un giochino, un libretto, un oggetto carino. Questa tecnica ha lo scopo di consolidare i comportamenti corretti e di offrire un continuo feedback sulla propria condotta;
· utilizzare il Time Out quando il bambino mette in atto un comportamento mediamente grave (parole un po’ offensive, ripetuto lancio di palline di carta o di altri oggetti, stuzzicamenti pesanti rivolti al compagno di banco, ecc…). Si tratta di una sanzione: il bambino è accompagnato in uno spazio preposto da un adulto che resterà con lui per tutto il tempo. Staranno in silenzio 5 minuti e poi torneranno nel luogo dove si sta svolgendo l’attività. Se il bambino interrompe il silenzio, il tempo va riconteggiato dall’inizio;
· aiutare il bambino ad organizzare, con l’uso di raccoglitori, i compiti già fatti e quelli da svolgere;
· scrivere promemoria da mettere nei libri o nel diario;
· insegnare al bambino a farsi delle domande prima di iniziare un lavoro o di lasciare un luogo (es. “Ho messo in cartella tutto quello che mi serve? Ho messo sulla scrivania tutti i materiali che mi occorrono per il compito di matematica?”);
· favorire nel bambino una consapevolezza metacognitiva di ciò che sta facendo, del perché e del come: insegnare strategie per apprendere/ricordare/stare attenti e selezionarle in base alla loro efficacia, incoraggiare l’autovalutazione, favorire l’autodialogo interno in modo che il bambino impari a interrogarsi per capire che cosa gli è richiesto di fare, le strategie necessarie, i tempi a disposizione, quali sono le sue risorse interne e quelle esterne (ad esempio i compagni e gli insegnanti).


Ora che abbiamo conosciuto un pò meglio cosa si intende per ADHD, vi aspettiamo nei prossimi giorni per accompagnarvi in un "viaggio" all'interno di un Campus per Famiglie con figli che presentano queste difficoltà!


Alla prossima!
Maura & Alice

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