Il paziente nascosto!
Nell'ottica di empowerment familiare, come non prendere in considerazione quelle situazioni in cui, il tirare fuori le proprie risorse, risulta molto più che importante?
Ci occupiamo nei prossimi post di una figura particolare e delicata...il Caregiver.
Ho cercato in lungo e in largo, qualcosa che potesse raffigurare il caregiver che potesse spiegare bene il ruolo di persone così preziose nella vita di tutti. La maggior parte di noi avrà visto Amore e altri rimedi, film del 2010, in cui il bel Jamie Randall, rappresentate di prodotti farmaceutici e donnaiolo, si innamora perdutamente di Maggie Murdock, una ragazza stupenda, affetta dalla malattia di Parkinson.
Nell'ottica di empowerment familiare, come non prendere in considerazione quelle situazioni in cui, il tirare fuori le proprie risorse, risulta molto più che importante?
Ci occupiamo nei prossimi post di una figura particolare e delicata...il Caregiver.
Ho cercato in lungo e in largo, qualcosa che potesse raffigurare il caregiver che potesse spiegare bene il ruolo di persone così preziose nella vita di tutti. La maggior parte di noi avrà visto Amore e altri rimedi, film del 2010, in cui il bel Jamie Randall, rappresentate di prodotti farmaceutici e donnaiolo, si innamora perdutamente di Maggie Murdock, una ragazza stupenda, affetta dalla malattia di Parkinson.
Una frase mi ha sempre colpito di
questo film, nella scena d’amore finale, in cui lui pentito delle misfatte,
incontrando la sua amata dice: “Io ho bisogno di te e tu hai bisogno di me… hai
bisogno di qualcuno che si prenda cura
di te… è così per tutti”!
Perché infondo è vero, ognuno di
noi, a qualsiasi età, anche nel pieno della salute e delle forze, ha bisogno di
qualcuno che si prenda cura dei nostri bisogni, dei nostri affanni, dei nostri
dolori e delle nostre gioie…
E alle parole della bella Meggie
“non ti posso chiedere tutto questo “, non può che risuonare la risposta più
vera e sincera di sempre: “Non me l’hai
chiesto”.
Il caregiver è, nel linguaggio
quotidiano, colui che si prende cura di qualcuno, letteralmente “colui/colei
che “fornisce cure”, accudisce. I genitori sono caregiver per i figli spesso
per tutta la durata della loro esistenza!
In caso di difficoltà, malattia,
disabilità, il caregiver si occupa di aiutare e sostenere chi è nella
sofferenza. Per i pazienti, i caregivers, sono un sostegno indispensabile,
anche i medici e le istituzioni contano su di loro, insomma…nessuno potrebbe
farne a meno!
Spesso sono familiari e amici
che, pur non avendo particolari conoscenze mediche o infermieristiche, si
prendono cura di un paziente per tutta la durata della malattia e per circa
l’80% dei casi, si tratta di donne.
Ciò che a volte non si tiene in
considerazione è che, chi si prende cura di un malato, soffre spesso quanto il
malato stesso, e i casi di sofferenza fisica e psichica dei caregiver, sono
sempre più in un aumento, anche per il semplice fatto che sono in aumento i
caregiver stessi. Grazie infatti alla ricerca, alle diagnosi precoci, alle
nuove terapie, la sopravvivenza dei malati, adulti, anziani, bambini, è
aumentata, e con essa aumentano anche i bisogni di chi è malato. Spesso
accudire qualcuno con difficoltà, comporta grossi costi affettivi, emotivi ed
economici e può portare a limitazioni del tempo dovendo, così, rinunciare a
molti impegni personali, compreso il lavoro.
Quando si parla di teorie e di
cosa si dovrebbe fare, si fa presto a dire caregiver, ma nella realtà le cose
sono molto più complicate; da ricerche scientifiche sul campo, emerge rabbia,
stanchezza, senso di colpa, a volte addirittura "inutilità".
Sono riscontrati spesso sintomi depressivi e d'ansia.
Spesso, la tensione del caregiver,
arriva a manifestarsi anche sul piano fisico, immunitario, fisiologico. In
particolare, tra le ripercussioni psicologiche ne esiste una, tipica di chi
accudisce il proprio caro ammalato o di chi vive una malattia in prima persona,
che si chiama Burden.
Il termine Burden (o Burden
of Illness, BOI) viene utilizzato per indicare il carico
psicologico e fisico sostenuto, in questo caso, dai familiari che
assistono il proprio congiunto con patologia cronica, i cui sintomi sono
simili a quelli dello stress prolungato: disturbi del sonno, dell’attenzione,
della concentrazione, difficoltà mnestiche, facile irritabilità,
somatizzazioni, sbalzi di umore, agitazione, forte apprensione, facilità ad
ammalarsi soprattutto nelle fasi non acute della malattia del paziente,
ipercoinvolgimento, umore depresso, aumento dell’ansia.
Essere caregiver insomma è una
grande responsabilità e può comportare enorme fatica, ma sappiamo che,
mantenere alto il proprio umore e cercare di preservare la propria salute e uno
stato di benessere, è indispensabile per poter essere il miglior aiuto.
Ecco allora i 7 consigli che l’AIRC suggerisce per il
caregiver:
- Informati: tieniti aggiornato sulla malattia e sulle cure, sui diritti del paziente e del caregiver
- Non trascurare l’alimentazione e il sonno
- Fai esercizio: può aiutare a mantenere alto l’umore
- Prenditi un tuo spazio: conserva un po' di tempo da dedicare a te stesso facendo qualcosa di gratificante: non è un atto di egoismo, ma una necessità
- Chiedi aiuto: non esitare a cercare qualcuno che ti possa “sostituire”; dai fiducia a chi ti sta intorno, chiedi alle associazioni o istituzioni della tua zona,
- Parla con qualcuno: sfogarsi e tirare fuori emozioni positive e negative può aiutarti a trovare un po' di serenità. I gruppi di mutuo aiuto organizzati dalle varie associazioni spesso sono rivolti anche ai familiari dei pazienti con le varie patologie
- Curati quando stai male
Il caregiver spesso occupa le
seconde file, sta dietro le quinte, ma senza di lui, sarebbe tutto più
difficile!
“Ti salverò da ogni
malinconia, perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te ...”
F. Battiato
Fonti:
Rita Longo, Marina Penasso – DoRS Regione Piemonte, La difficile arte dell’aver cura.
Il caregiver tra stress e resilienza
Grazie per questi preziosi consigli. E' diffcile vedere i propri cari perdere contatto con la realtà, trasformarsi nei fantasmi di se stessi arrivando, a volte, ad oscurare anche i bei ricordi che si sono vissuti insieme. E' dura, è triste ed è frustrante stare accanto a loro con la consapevolezza che li stai accompagnando verso un ineluttabile destino. Cosa ancora più difficile è riuscire a staccare, a continuare a vivere serenamente la vita di tutti i giorni mettendo, in una sorta di stand by, tutte le tristezze che ormai sono dentro di te. A volte il lavoro è una via di fuga che ti consente di estraniarti da tutto e tutti ma poi la vita è fuori dalle mura di un'azienda e tutto ritorna. Farò tesoro dei vostri consigli. Grazie
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