I circoli virtuosi che fanno bene: ieri, oggi e domani
"Lui non si ricordava di essere mai stato abbracciato così, come da una
mamma."
J. K. Rowling
Il senso comune sembra averci
abituato a pensare che la funzione di cura e di accudimento spetti alla figura
femminile, alla mamma. Tuttavia la cura,
intesa come l’apertura verso l’altro da sé è da individuare come caratteristica
peculiare dell’adulto maturo che trova la realizzazione di sé anche nell’accudimento verso un altro. Dunque, se
la realizzazione del sé passa attraverso il legame tra le persone, la natura
dei rapporti sociali che si intrattengono diventa essenziale.
Questo è sottolineato dalla
stessa accezione di benessere che la
psicologia teorizza negli ultimi anni: benessere è da intendere come uno stato
spirituale e psicologico globale che permane tutta la dimensione umana. In particole
Ryff e Singer, evidenziano come il benessere sia un costrutto multidimensionale
a cui concorrono l’accettazione di sé, l’autonomia, la padronanza ambientale,
lo scopo di vita, la crescita personale e...i buoni legami, le relazioni
sociali che ognuno di noi intrattiene e in cui mette in gioco fiducia, capacità
di amare ed empatia.
Il
benessere individuale prende così sempre più la forma di qualcosa in relazione
con altri, qualcosa di sociale. La realizzazione del singolo, potremmo dire che
viene mediata anche dalla rete di relazioni affettive e quindi anche dalla famiglia.
Lavorare sul benessere individuale, quindi, diventa occuparsi anche del
benessere familiare dando spazio alle relazioni interpersonali familiari che si
spendono nella dinamica dare/ricevere. La famiglia così, in linea con l’idea di
cura come realizzazione del sé, diventa luogo di crescita personale e
autorealizzazione.
Facile sulla carta, facile per
chi scrive direte voi. Però la vita a un certo punto si complica. Non si tratta
più solo di prendersi cura di un neonato. A un certo punto qualcuno soffre, è
in difficoltà, sta male.
Quando si inizia ad avvertire “la
nostalgia per il tempo della pienezza”, il dolore o la paura per la morte, la
famiglia dovrebbe mettere in gioco la dimensione della riconoscenza,
coinvolgendo in questo processo tutte le generazioni. In questa fase arriva il
momento di ri-conoscere ciò che si è donato, ciò che è stato ricevuto, le
gioie, i dolori, i successi e i fallimenti. Tutto questo è essenziale quando a
questa transizione si avvicinano i nonni. Questo è il momento in cui fare il
bilancio in positivo per la propria vita e per dare spessore all’eredità della
cura. La riconoscenza va curata, coltivata e sviluppata in modo da aiutare le
altre generazioni a riconoscere il patrimonio che la propria storia familiareporta con sé. È importante per il benessere del singolo e del sistema familiare
che questo bilancio venga compiuto in modo generativo soprattutto quando uno
dei familiari fa da caregiver a un genitore. È questo il momento in cui i
figli, a cui è stata donata la vita, che sono stati abbracciati e assistiti
riconoscono il dono della vita ricevuta e hanno il desiderio di ricambiarlo.
Ma il valore della cura non si
ferma qui, si inserisce nella storia familiare. Cresce e trasmette il gesto di
cura alle generazioni successive, arricchendo il patrimonio culturale e
spirituale, costruendo di volta in il volta il valore di ciò che si è ricevuto.
La cura della ri-conoscenza così si trova a rafforzare e a sostenere lo
sviluppo dei legami, favorendo la circolazione del dono. Sono la cura e l’accudimento
a rendere la famiglia un contesto di crescita e di benessere (o di malessere). In
questa ottica l’empowerment diventa l’unica strategia possibile di intervento
con la famiglia, dato che il soggetto diventa portatore di una competenza, da
riscoprire, valorizzare o sviluppare, che può aiutarlo a confrontarsi con la
sua realtà. Si tratta di dare solidità e ricchezza al legame, andando a
sviluppare o a risvegliare quelle competenze latenti ora nel singolo ora nei
legami.
Prendersi cura dell’altro,
ovviamente rispettando se stessi, i propri limiti, il proprio benessere e ciò
che si è. Riconoscere il dono della vita significa anche questo.
A prestissimo con un film che
racconti un po’ la cura!
Alice
Fonti
Scabini, Iafrate, Psicologia
dei legami familiari, 2003
Erikson, The life cycle completed: a review, 1984
Mazzoleni, Empowerment familiare
– il lavoro psicosociale, 2004
Lezioni
della prof.ssa M. Ciceri durante il corso di Psicologia del benessere
soggettivo e intersoggettivo, 2015
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